Il Futuro è Tornato


Creare una distopia e ambientarvi delle storie non è facile come sembra, anche quando si trae ispirazione dalla Storia. I modelli autoritari del ventesimo secolo si prestano alla reinterpretazione, all’essere in qualche modo adattati alle circostanze di ipotetici futuri, ma nascondono spesso delle vere e proprie trappole per gli scrittori. Il primo rischio è quello di dare troppo spazio all’ambientazione a sfavore dello sviluppo della trama, il secondo quello di schiacciare i propri personaggi sul modello di figure storicamente rilevanti, il terzo è invece quello di limitarsi ad accennare le coordinate del modello – sperando nella fattiva collaborazione del lettore per non farlo sembrare una quinta di cartone. Stefano Valente, l’autore di questo romanzo breve, è riuscito ad evitare tutte le trappole citate per confezionare una storia godibile che riesce a staccarsi dalla schiera infinita di distopie scadenti di questi anni.

Come è facile capire dalla quarta di copertina le coordinate di partenza sono quelle di un modello da socialismo reale, molto vicino come atmosfera a quello dell’URSS degli anni ’70. Il protagonista, il delegato Poznan, viene incaricato di un’indagine delicata che si trasforma ben presto in una sorta di esplorazione dei meandri fisici e simbolici della struttura di potere che lui stesso rappresenta. Tra figure ambigue, scandali a mala pena messi a tacere e ipocrisie di regime Poznan cerca di fare il proprio mestiere e al tempo stesso di mantenere almeno una parvenza di sanità mentale...

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